La cassetta di Teresa Guiccioli

La cassetta di Teresa Guiccioli

Collaboratore: Diego Saglia

Ubicazione: Istituzione Biblioteca Classense, Ravenna

Descrizione: Questa cassetta da viaggio di dimensioni considerevoli (48,2 x 80,7 x 19,2 cm) appartenne alla Contessa Teresa Guiccioli, nata Gamba (1800-73), co-protagonista di quella che Iris Origo definì come l’ultima storia d’amore (‘the last attachment’) di Lord Byron. Segnata dal tempo e dall’uso, cela vari segreti. Interpretata con attenzione, essa testimonia infatti la persistenza di modi di definizione dell’identità aristocratica tipici dell’ancien régime e di definizione del proprio stile tramite gli atti di consumo associati all’esperienza delle viaggiatrici, oltre a svolgere un ruolo centrale nella costruzione, da parte di Teresa, del suo rapporto con Byron.

La cassetta fu realizzata a Parigi dalla Manifattura Palma. Il bordo su cui poggia il coperchio porta l’iscrizione: ‘Palma, Ebeniste Grande Rue du Faubourg St Antoine, la Porte Cochere en face des Enfans Trouves Paris, presentement Vieille Rue du Temple en face du Palais Cardinalle n. 722 – fait tout ce qui concerne l’ebenisterie’ (‘Palma, ebanista, Grande Rue du Faubourg St Antoine, l’entrata delle carrozze di fronte all’Hôpital des Enfants Trouvés [Ospedale dei trovatelli] Parigi, attualmente Vieille Rue du Temple di fronte al Palais Cardinalle n. 722 – fa tutto ciò che riguarda l’ebanisteria’). La manifattura era associata a Jean-Philippe Palma, che aprì la sua attività nella capitale francese durante il regno di Luigi XVI e creò uno dei sontuosi nécessaires de voyage di Maria Antonietta, ora conservato al Louvre e di dimensioni simili a quello di Teresa (48,5 x 82 x 19 cm). (Un secondo nécessaire della regina è conservato al Musée International de la Parfumerie di Grasse). Il nécessaire del Louvre è una cassa rettangolare di mogano, chiusa da un coperchio con una targa di rame dorato su cui è incisa la sigla ‘M A’ (Maria Antonietta) intrecciata a una corona d’alloro. Contiene 94 oggetti in argento, cristallo, porcellana, acciaio, avorio ed ebano, riposti in piccole scatole di mogano disposte su più livelli. Come quella di Maria Antonietta, la cassetta da viaggio di Teresa Guiccioli è in mogano e metallo brunito. Una targa ovale di metallo (15 x 11 cm) sul coperchio raffigura lo stemma delle famiglie Guiccioli e Gamba. Non ha contenitori all’interno, sebbene vi siano diversi segni circolari dove tali contenitori, presumibilmente per articoli da toeletta, erano collocati.
Il legame tra la cassetta da viaggio di Teresa e un oggetto che incarna il consumo spettacolarizzato dell’ancien régime è significativo, in quanto rivela le continuità tra forme settecentesche e romantiche di produzione e di uso di oggetti personali di lusso. Inoltre, suggerisce il grado di sofisticatezza dell’oggetto posseduto da Teresa, così come il cosmopolitismo del suo gusto e delle sue abitudini di consumo. In più, siccome la cassetta ha a che fare con gli spostamenti, con il dispendio, con la spettacolarizzazione e con la messinscena di sé, partecipa a processi di definizione dell’identità sia individuale che collettiva, oltre a presentare svariate implicazioni socio-economiche e culturali.

La cassetta di Teresa Guiccioli è, infatti, un segno della cultura dei consumi associati all’esperienza del viaggio e alle trasformazioni che induce nel soggetto viaggiante. Il fatto che si tratti di un oggetto creato in Francia, poi, arricchisce ulteriormente questo legame sottolineando i passaggi ‘transfrontalieri’ tipici di questi raffinati manufatti. Più specificamente ancora, poiché questa cassetta da viaggio sembra essere stata utilizzata soprattutto per articoli per l’igiene e la bellezza, essa testimonia il legame tra pratiche di consumo e forme di definizione e rappresentazione di sé. La cassetta, in altre parole, è uno strumento che contribuisce a delineare un’immagine di se stessi attraverso il consumo di prodotti per il corpo, ovvero a definire il proprio ‘stile’ – un’idea che stava guadagnando terreno in questo periodo, quando cominciavano a diffondersi nuove abitudini e pratiche di definizione dell’identità attraverso pratiche di consumo e spettacolarizzazione. Ma una cassetta come quella di Teresa presenta anche implicazioni affascinanti in termini di tempo e di spazio, dal momento che poteva contenere oggetti acquistati prima di un viaggio, ma anche comprati durante il tragitto, sia in patria che all’estero. Come tale, essa parla di un soggetto, Teresa, situato fra tempi e luoghi diversi, “in movimento” e in relazione agli oggetti che porta con sé.

Di questa cassetta, Mario Praz scrisse: “[…] il conte Carlo Gamba, possessore di una misteriosa cassetta di mogano contenente le lettere d’amore di Byron a Teresa Guiccioli, alcune delle quali, si sussurrava, erano assai libere, anzi addirittura licenziose. Il conte Gamba era in quegli anni lontani gelosissimo di codesta cassetta, e, impressionato da tanta circospezione, io m’immaginavo addirittura che il giorno che venisse aperta e divulgata, l’effetto non sarebbe stato molto diversi da quello dell’apertura della cassa di carte dell’Abbè Jules, nel romanzo di Octave Mirbeau [Abbé Jules, 1888] […]”. Come indica il doppio stemma sulla targa, probabilmente l’oggetto fu acquistato, o quantomeno decorato, negli anni Venti dell’Ottocento. In quel momento, prima della separazione di Teresa dal Conte Alessandro Guiccioli, il legame dei Gamba con la ricca e potente famiglia Guiccioli era motivo di orgoglio e prestigio. Tuttavia, a un certo punto della sua lunga vita, Teresa iniziò a usare la cassetta per la sua collezione di souvenir byroniani, conservandoli in un piccolo cesto intrecciato e decorato con lo stemma di sua suocera (fatto non privo di risvolti ironici). In questo modo, Teresa separò tanto la cassetta quanto il cestino dalla sua condizione di moglie per ricollegarli, invece, al suo ex-amante e cavalier servente. A questo punto, la cassetta non significava più un movimento nello spazio, bensì un movimento a ritroso nel tempo. Divenne uno scrigno di ricordi di eventi ed emozioni associati all’incontro fatale di Teresa con Byron, trasformandosi così anche in un contenitore di celebrità, ovvero di un’altra importante manifestazione della cultura dei consumi di primo Ottocento. La cassetta venne a racchiudere Byron sia come presenza che come assenza, perché Teresa lo riempì gradualmente di oggetti raccolti durante la loro relazione (come le sue lettere), ma anche molti anni dopo la morte del poeta (come alcuni petali di rosa dai giardini di Newstead Abbey). Grazie alla cassetta, Teresa potè riaffermare il possesso del “suo” Byron, componendolo pezzo a pezzo, catalogandolo (ogni cimelio era accompagnato da una nota scritta a mano) e infine rinchiudendocelo dentro.